Museo vs Casa delle Muse
L’azienda come museo vivente
Michel Foucault, nel celebre saggio Des espaces autres (1967), definiva il museo come un’“eterotopia”: uno spazio separato, fuori dal tempo, dove il passato si accumula e viene custodito. Rimanda alla visione tradizionale del museo come luogo specializzato, chiuso in sé stesso, che conserva e protegge oggetti e memorie al riparo dal fluire della vita quotidiana.
Ma esiste anche un’altra possibile visione del museo, più vicina al suo significato originario: il museo come casa delle Muse. Non un deposito separato dal tempo, ma uno spazio di ispirazione in cui arti, saperi e valori si incontrano per generare nuove forme. Se lo intendiamo così, allora ogni azienda può già essere un museo. Non nel senso di un luogo immobile, ma come organismo che riflette valori, visioni, competenze, memorie e saperi condivisi.
Un esempio emblematico in Italia è stato Olivetti. L’impresa di Ivrea non è stata soltanto un produttore di macchine da scrivere e calcolatrici, ma un vero laboratorio culturale, architettonico e sociale. La città industriale voluta da Adriano Olivetti è oggi riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità: un’intera comunità pensata come spazio in cui lavoro, cultura e qualità della vita si intrecciavano. Olivetti ha mostrato che l’azienda non deve limitarsi a esporre i propri prodotti in un museo tradizionale, perché essa stessa può essere museo vivente: un luogo in cui il patrimonio di competenze e visioni si traduce quotidianamente in ispirazione e innovazione.
È in questa prospettiva che si colloca l’approccio di Made In Heritage: non creare musei separati dalla vita aziendale, ma far emergere la dimensione museale già presente nell’impresa, trasformando archivi, spazi di lavoro e processi in strumenti narrativi. Non si tratta di costruire un monumento, ma di svelare la cultura che già abita l’impresa, rendendola visibile e condivisibile attraverso linguaggi digitali, curatela e storytelling esperienziale.
In questo modo si ribalta l’opposizione: da un lato il museo tradizionale, luogo separato di contemplazione; dall’altro l’azienda-museo, dove la memoria diventa parte integrante della vita quotidiana e orienta la creazione di futuro. Se il primo rischia di rinchiudere la storia in teche immutabili, il secondo dimostra che la storia può restare un motore vitale, diventando corporate heritage e generando cultura, identità e innovazione.
Olivetti ci ricorda che un’impresa può essere già, in sé, casa delle Muse. E l’approccio di Made In Heritage mostra come questo principio possa essere attualizzato oggi: ogni azienda, se capace di guardare alla propria memoria, può trasformarla in fonte viva di ispirazione.
    