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Andrea Barbon
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21 Apr 2022

Andrea Barbon

Il mio ruolo e impegno nel progetto Made In Heritage

Andrea Barbon | Cultural Heritage Digital Specialist
 

Mi chiamo Andrea e sono appassionato di tecnologia fin da bambino. Mi è sempre piaciuto smontare le cose per capire come funzionano e ricostruirle, magari tentando di migliorarle.  In inglese c’è un termine che definisce questo atteggiamento: tinkering, che in italiano è intraducibile. Non so se il termine esiste ma mi definirei un tinkerer. 

Sono imprenditore informatico, digital manager di mind@ware e consulente di importanti fondazioni e istituzioni internazionali.  Mi piace anche insegnare. Il contatto con le giovani generazioni è essenziale per chi, come me, desidera costantemente esplorare il futuro e promuovere l’innovazione. 

Quando non lavoro stacco la spina o per dirla in modo più ‘attuale’, mi disconnetto. Spengo il pc e passeggio con la mia cagnolina Tea. Mi piace anche usare le mani per cercare una connessione più tradizionale con le cose. Riparo oggetti, costruisco utensili, progetto macchinari. Poi cucino cibo tradizionale ma con un approccio sperimentale. Infine, produco birra con un gruppo di amici rigorosamente birrificata secondo le regole imposte dal Reinheitsgebot (editto della purezza) promulgato a Ingolstadt nel 1516, che impone che la birra sia rigorosamente ed esclusivamente ricavata da acqua, orzo e luppolo.  Amo coniugare tradizione e innovazione perché, come Oscar Wilde, sono convinto che ‘la tradizione è un'innovazione ben riuscita’.

Gli algoritmi sono per il mio lavoro quello che la materia  è per uno scultore. Questi permettono di ricavare qualsiasi forma e, a differenza della materia che sconta i limiti imposti dalla fisica, non hanno barriere se non quelle provvisorie dovute alla mancanza di immaginazione. 
L’impiego massivo di algoritmi di nuova generazione farà svanire numerosi confini e tenderà a permeare sezioni sempre più grandi della nostra vita. In particolare quelle riconducibili agli ambiti culturali come quelli a cui si rivolge Made In Heritage.

Dar forma ai progetti attraverso le tecnologie informatiche richiede creatività, gli algoritmi possono essere impiegati con successo per scopi diversi da quelli per cui sono stati pensati, ed in questo spazio libero (dai contenitori) mi piace muovermi per trovare soluzioni alle questioni stringenti della digitalizzazione dei beni culturali.

Sogno di contribuire alla costruzione di un’arca digitale per la salvaguardia e la valorizzazione dell’enorme mole di informazione che l’umanità ha registrato su supporto fisico (carta, pietra, tela, pergamena, ecc.) nel corso della sua storia. 
La rivoluzione digitale può essere considerata come un diluvio primordiale. Niente sarà più come prima e l’informazione analogica prodotta e raccolta nei secoli rischia, se non messa in sicurezza e resa accessibile agli algoritmi dell’intelligenza artificiale, di essere dimenticata e diventare totalmente irrilevante. La mia missione è scongiurare questa eventualità.

Qualche anno fa, quando per la prima volta mi sono avvicinato alla digitalizzazione dei patrimoni culturali, il panorama professionale era molto frammentato e caotico. Le aziende usavano tecnologie e soluzioni molto diverse che portavano alla realizzazione di progetti “sperimentali” dai risultati spesso incerti. Nel tempo questo caos ha trovato un ordine grazie all’accessibilità di metodologie e tecnologie adeguate, e soprattutto grazie alla capacità di impiegarle con profitto. In questo senso il mio ruolo in Made In Heritage è quello di ideare e realizzare progetti innovativi per le aziende consapevoli del valore del proprio heritage e che intendono promuoverlo attraverso la digitalizzazione. Perché anche per le imprese la tradizione è un’autentico motore di innovazione.

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